Sunday, October 18, 2009

Dark Star (Doch im Erstarren such’ ich nicht mein Heil)

Dark Star.
Videoarte Islandese tra performance, musica e animazione

A cura di/curated by Ilari Valbonesi






Dark Star. (Doch im Erstarren such’ ich nicht mein Heil)


Das Schaudern ist der Menschheit bestes Teil dice Johann Wolfgang von Goethe, per bocca di Faust. “L’orrore è la parte migliore dell’umanità”. Siamo in pieno romanticismo, pregno di cupo spirito, di racconti diabolici di fate, romanzi cavallereschi, saghe nordiche. L’immaginazione liberata dalle pastoie della convenzione afferma la sua autonomia. E’ pura fantasia, arte per arte, godimento del fenomeno, alchimia della forma: l’essere umano in comunione con la natura. Anche nelle parole demoniache di Faust, la cui pronuncia comporta una scossa crudele di fronte a ciò che in apparenza ci repelle, e che André Gide chiamava “l’atto gratuito”. Perché l’arte vive in questo regno dell’ambiguità e dell’avventura. E partecipando alla finzione estetica, la nostra percezione è già un atto di comprensione reale.
Indubbiamente con la grande rivoluzione elettronica il pubblico ha acquisito una nuova disinvoltura nel mondo. Ma cosa è rimasto di questo timor sacro dell’arte nell’epoca multimediale dove l’immagine, sempre più consumata dai media, si ripete ossessiva e insensata? Questa è la domanda a cui la giornata di Dark Star tenterà una prima risposta rivolgendo l’attenzione al panorama dell’arte contemporanea islandese.
Il titolo vuole ricordare la nave spaziale del noto film di John Carpenter. Con la differenza che la capsula spazio temporale per FishEye annovera un equipaggio islandese di artisti astronauti piuttosto particolare: discorrono su temi che passano dalla morte, alla bellezza e all’orrore, si nutrono di formaggi alieni, si divertono a servire il tè con i piedi, intonano ballate country blues. L’effetto è grottesco e irriverente, tragicamente ironico, simile all’evento inaspettato che gli astronauti di Carpenter affrontano alla fine del film: l’esplosione della bomba: «In principio era il buio e io venni dopo il buio. E luce sia!». Bang!
Dark Star è anche un riferimento alla luce assoluta. Nero, dark, noir, è un colore, ma anche uno stato d'animo, una sensazione che designa un tono generale, e una serie di motivi - la poesia, l'arte, il meraviglioso, la melanconia - che diventano, contro ogni canone prestabilito, i fondamenti dell'esperienza umana. E sfumano i confini tra le arti. Sono opere che rispondono all’invito di André Breton, ad oltrepassare la realtà insignificante, evadere la prigione logica, dando luce a intuizioni metafisiche sotto forma di sogno. Sono opere oniriche ma anche intrise di humour. Disturbano. Non sono necessariamente allegre, non hanno rispetto per valori e schemi di pensiero, violano egualmente i pregiudizi, i tabù sacri, la morte degli uomini; si fanno gioco della malattia mentale e fisica, e non da ultimo, disintegrano le istituzioni sociali con una risata. Gli artisti islandesi hanno infatti ereditato il senso più occulto e flagrante del romanticismo: l’ironia, tra la sorpresa e la scossa. E l’amore per la musica, che risuona in tutti i lavori. Perché Dark Star è live performance: scena di un’arte che non abbandona il luogo della sua esibizione. Una tecnica di estraneazione a tutto tondo, volta a spezzare l’inerzia dell’empatia.
Nella sala buia del cinema ci si confronta con la video performance di Ásdís Sif Gunnarsdóttir, psichedelica, prismatica, volta a catturare i sensi e rifrangerli in ambiente emotivo in cui lo spettatore e l'artista sono intercambiabili. Rifrazioni che riemergono incorporate nel video The Tent Lady´S Hospitality di The Icelandic Love Corporation dove l’abito si apre come una piega nel tempo e diventa un tempio al femminile. Popolato di Black Swan. L’emergenza pop, il sapiente uso di colori brillanti, ci consente di rintracciare anche patterns di folklore: i tessuti, le filigrane, gli intagli in legno. Forme ricorrenti che si animano fino a deformarsi nelle rappresentazioni fantastiche, mostruose, dislocate, al limite caricaturali di Sigga Björg Sigurðardóttir. Che ci domanda: “Have you ever started laughing when something sad happens?”. Sono situazioni di parossismo emotivo, stati mentali che ritornano cinematici nell’opera Deathbed di Sigurdur Gudjónsson dove le figure, prive di volto, appaiono a pezzi, immersi in una scena apocalittica, fluttuanti come i ricordi solitari di una mente allucinata. L’umanità troppo umana riappare nei Video Portraits di Snorri Asmundsson. Una ricchezza espressiva portata al limite dell’emotivo, dove le rughe, le smorfie, le contrazioni, i sorrisi sono modalità di contrappunto temporale. La pelle diviene interfaccia: superficie di contatto che ci riguarda. E sulle note country di Lordy, concept album dei Funerals si conclude, in maniera struggente e ironica, il viaggio nella terra del ghiaccio. Perché è questo il compito che assegniamo agli artisti di Dark Star: sciogliere le catene dell’abitudine e iniziarci a nuove forme del sentire incantato. Ed è arte soltanto nella misura in cui tale incantesimo sarà mantenuto. Through the transitive nightfall of diamonds. (Ilari Valbonesi, Settembre 2009).

Dark Star Iceland


Videoart between performance, music and animation




Dark Star. (Doch im Erstarren such’ ich nicht mein Heil)
Das Schaudern ist der Menschheit bestes Teil, says Johann Wolfgang von Goethe by Faust’s mouth. “Horror is the best part of mankind”. That was Romanticism at its height, full of darkness, of diabolical fairy tales, chivalric romance, and Nordic sagas. Imagination, freed from the chains of tradition, affirms its autonomy. It is pure fancy, art for art’s sake, enjoyment of a phenomenon, and alchemy of form: the human being in communion with nature. This is also to be found in Faust’s demonic words, whose utterance makes us cruelly shake in front of what apparently disgusts us – which André Gide defined “gratuitous act”. That’s because art lives in the realm of ambiguity and adventure. By taking part in aesthetical fiction, our perception is already an act of real understanding.
Doubtlessly, with the big electronic revolution the audience acquired a new self-confidence in the world.What remained of the holy fear of art in the age of multi-media, where image – ever more consumed by media – is repeated obsessively and meaninglessly? This is the question which the Dark Star day will try to address, drawing our attention to Icelandic contemporary art. The title is a reference to the spaceship in the well-known movie by John Carpenter. With the difference that FishEye’s space-time capsule includes a peculiar Icelandic crew of astronaut artists: they discuss themes like death, beauty, and horror, they feed on alien cheese, they have fun in pouring tea with their feet; they also sing country blues ballads. A grotesque, irreverent, and tragically ironic effect is thus obtained, which reminds us of the unexpected event Carpenter’s astronauts have to face in the end – a bomb explosion. “In the beginning there was darkness, and I came after darkness. Let there be light!” Bang!
Dark Star is also a reference to absolute light. Black, dark, noir, it is a colour, but also a state of mind, a feeling that indicates a general tone, and a set of motifs – poetry, art, wonder, melancholy – that have become essential to human experience in spite of all pre-established canons. And the borders between the arts get blurred. These works answer André Breton’s invitation to cross over meaningless reality, to escape from the prison of logic, and give light to metaphysical intuitions in the shape of dreams. These are dreamlike works, not without some humour. They’re troubling. Not necessarily funny, they do not respect values and thinking schemes, and they equally infringe prejudices, holy taboos, and the death of men; they make fun of mental and physical illness and, last but not least, they disintegrate social institutions with a laughter. Actually, Icelandic artists inherited the most concealed and most flagrant sense of Romanticism: irony, between surprise and a jolt. And the love for music, that resonates throughout all the works. Because Dark Star is a live performance: it stages an art which doesn’t forget the site of exhibition. There is an all-accomplished technique of alienation, aimed at breaking the inertia of empathy.
In the dark of the movie theatre we will experience the psychedelic and prismatic video performance by Asdis Sif Gunnarsdottir that will capture your senses and reverberate them in an emotional ambience where audience and artist are interchangeable. Reverberations will also surface from the video The Tent Lady’S Hospitality by The Icelandic Love Corporation, where dresses open like folds in time and become a female temple. Peopled by Black Swans. A pop touch, and a clever use of brilliant colours allow us to find folklore patterns in the textures, the filigrees, the wood carvings. Recurring shapes are animated and deformed into fantastic, monstrous, displaced, at times caricatural representations by Sigga Bjorg Sigurdadottir. She asks us: “Have you ever started laughing when something sad happens?” Situations of emotional paroxysm, mind states return in cinematic form in the work Deathbed by Sigurdur Gudjonsson where faceless figures are torn to pieces, plunged in an apocalyptic scene, floating like lonely memories of a hallucinated mind. A too human mankind reappears in the Video Portraits by Snorri Asmundsson, where an expressive abundance is carried to the emotional extreme, and wrinkles, grimaces, contractions and smiles are a mode of temporal counterpoint. Skin becomes an interface: a surface of contact regarding us. And on the country music notes of Lordy, concept album by Funerals, this travel across the land of ice is completed. This was the task assigned to the Dark Star artists: to get rid of the chains of habit, and initiate us to new forms of enchanted feeling. It is art only to the extent that the spell is maintained. Through the transitive nightfall of diamonds. (Ilari Valbonesi, September 2009)







Programma

Ásdís Sif Gunnarsdóttir



Techno Witch, 2005, karaoke video, 3’
Once again I have fallen into my Feminine ways, 2007, video, 3’
Esjan, 2009 video, 4’

Icelandic Love Corporation



The Tent Lady's Hospitality 2008, video, 4’
A Black Swan 2009, video, 8’27’’


Sigga Björg Sigurðardóttir



Choir 2005, video, 5’48” - Edition of 10 + 2 AP
There is a party at Paracide Park tonight, 2006, DVD-Rom, 5’11” - Edition of 10 + 2 AP
Cheese, 2009, video, 9’10” - Edition of 6 + 2 AP, courtesy: Galerie ADLER, Frankfurt

Sigurdur Gudjónsson




Deathbed, 2006, video, 22’, edition 4/5 + 2AP

Snorri Asmundsson



Video Portraits, 2009, video, 2’, installazione 3 canali a loop/installation 3 channel loop
Video portraits of: Asmundur Asmundsson, Guðrún Eva Mínervudóttir, Spessi

The Funerals



Alt Country Collective aka Ragnar Kjartansson (vocals, guitar), Lara Sveinsdottir (vocals), Olafur Jonsson (guitar), Thorgeir Gudmundsson (drums), Thorvaldur Grondal (synth) e Vidar Gislason (bass).



Pathetic me, Islanda/Iceland, 2002, CD audio, Funerals und Thule Music
Biografie

Biografie.




Ásdís Sif Gunnarsdóttir. Nata in Islanda nel 1976, nel 2000 si è laureata con lode in Belle Arti alla School of Visual Arts di New York; nel 2004 ha conseguito la laurea magistrale in New Genres presso l’Università della California (Los Angeles). Nella sua opera la trasformazione, il mascheramento e il gioco costituiscono elementi essenziali, così come i rimandi alla dimensione della cerimonia e del rito. Nelle sue performance è presente il tema della distruzione, ad esempio nell’immagine di sfere luccicanti da discoteca che vengono schiacciate da tacchi alti, o di piatti che vengono rotti mentre recita dei testi. Altri motivi rintracciabili sono il travestimento in vari costumi e quello spettacolare dei fuochi d’artificio. http://www.asdissifgunnarsdottir.com/

Snorri Ásmundsson. L’intento di questo artista nato nel 1966 in Islanda è di incidere sulla società attraverso iniziative pubbliche: per un certo tempo, quindi, ha intenzionalmente recato disturbo alla società islandese con le sue grandi e notevoli performance, nelle quali attacca i tabù sociali della politica, del sesso e della religione. Egli osserva le reazioni della società nel momento in cui vengono capovolti i valori comunemente accettati, ad esempio quando una persona inerme si appropria dell’autorità che è normalmente custodita altrove grazie a regole predeterminate. Indipendentemente dagli effetti provocati da queste azioni in tribuna, Snorri sfida i valori sociali e religiosi da un punto di vista critico stimolando reazioni forti, per andare a scoprire i limiti di sé e dei propri simili. http://www.flotakona.com/



Sigurður Guðjónsson. Nato nel 1975, vive e lavora a Reykjavik. Ha studiato video, suono/musica, fotografia e scultura presso la Akademie der Bildenden Kunste di Vienna, e poi all’Accademia islandese delle Arti. Sigurdur ha anche un background musicale, tanto è vero che fa parte del gruppo death metal Cranium – esperienza che evidentemente riecheggia nel proprio lavoro, dove l’energia e la profonda serietà si fondono con due principi naturali allo stato bruto: la natura umana e la natura stessa. Trasudanti misticismo e desolazione, i suoi film atmosferici prestano eguale attenzione alla musica e all’immagine in una dimensione grottesca e arida, riflettendo un intrico di emozioni universali e senza tempo. http://www.sigurdurgudjonsson.net/

The Icelandic Love Corporation è un collettivo di tre artiste, Sigrún Hrólfsdóttir (1973), Jóní Jónsdóttir (1972) e Eirún Sigurðardóttir (1971), che lavorano insieme dal 1996, quando si sono diplomate al College of Arts and Crafts islandese. Impiegando quasi tutti i media possibili (performance, video, fotografia e installazioni), la ILC affronta la seriosità del mondo dell’arte con opere in cui l’atteggiamento giocoso, lo humour e il senso dello spettacolo si mescolano con genuina freschezza ma con una acuta critica sociale. La loro arte e le loro performance si occupano spesso della femminilità tradizionale, anche se il loro essere donne sta al di fuori degli schemi. Hanno vissuto e studiato a New York, Berlino e Copenaghen. Attualmente risiedono a Reykjavik. http://www.ilc.is/



Ragnar Kjartansson è nato in Islanda nel 1976 e ha studiato all’Accademia d’Arte islandese. La sua carriera artistica è fatta di arditi e impetuosi esperimenti condotti a cavallo dei media. Per le sue competenze di artista e musicista, Ragnar si considera in primo luogo un performance artist influenzato dal teatro. Per quanto riguarda la musica, insieme a due membri dei Trabant e ad altre persone provenienti dalla scena della musica rock elettronica della capitale islandese partecipa al progetto The Funerals. Ragnar crea video, quadri e installazioni che spesso confluiscono nelle sue performance, caratterizzate dall’interazione fra sentimenti contraddittori come il dolore e la felicità, l’orrore e la bellezza, il dramma e l’umorismo, e spesso strutturate sulla ripetizione. È stato il più giovane artista islandese a rappresentare il proprio paese alla Biennale di Venezia del 2009. http://www.ragnarkjartansson.com/



Sigga Björg Sigurðardóttir.


Nata nel 1977, si è diplomata all’Accademia d'Arte islandese nel 2001 e specializzata alla School of Art di Glasgow nel 2004. I suoi disegni con creature fantastiche, a metà fra l’animale e l’umano, belle e grottesche allo stesso tempo ma sempre intrise di sentimento, rimandano forse a una mitologia latente nel suo lavoro, sia essa tipicamente islandese oppure universale. Quasi fossero personaggi tratti da un libro di favole, i suoi soggetti si confrontano con la vita quotidiana evocando sia humour sia pathos. http://www.siggabjorg.com/




Evento: Dark Star - Videoarte Islandese tra performance, musica e animazione


Artisti: Icelandic Love Corporation, Sigurdur Gudjónsson, Snorri Asmundsson, The Funerals, Ragnar Kjartansson, Ásdís Sif Gunnarsdottir, Sigga Björg Sigurðardóttir.


A cura di: Ilari Valbonesi


Data: 18 Ottobre 2009


Ore : 17,30 – 20.00


Luogo: Nuovo Cinema Aquilavia L'Aquila 68 - 00176 Roma RM


Telefono e fax: 06 70399408