Saturday, November 13, 2010

14.11.2010 PREMIO YVES KLEIN, IPPODROMO CAPANNELLE DI ROMA


Di tutti gli animali, da sempre il cavallo ha avuto un posto d'onore nell'arte e nella vita degli esseri umani. Assiri, greci, etruschi, romani, sovente hanno raffigurato le loro divinità trainate da cavalli alati. Regalità, fermezza e dignità impregnano le statue equestri, le raffigurazioni di santi cristiani in lotta contro i draghi, le scene di caccia nelle sepolture Tang, mentre gli Amanti di Chagall sfrecciano abbracciati nel cielo notturno. Il tema del cavallo nell'arte è la storia infinita di un turbinio di corpi, superbi e scattanti nell'ispirazione, trattenuti poi nei capolavori dello sguardo nobile di Simone Martini e di Raffaello, nel Combattimento di Paolo Uccello, nel piumoso ritratto di Maria de' Medici di Rubens, nelle corse di Degas, nei Cavalli in riva al mare di De Chirico e in quelli arabi di Delocroix, fino allo straordinario Cavallo e fanciullo di Pablo Picasso. Per culminare nel Dinamismo di un cavallo in corsa di Boccioni, manifesto dell'opera d'arte perpetua e polimaterica. Oggi, 14 novembre 2010, nel calendario dell’entusiasmante ventottesima giornata di corse, lo storico Ippodromo di Capannelle, con i suoi protagonisti d’eccezione, si apre al Premio Yves Klein di Roberto De Simone: 12 cavalli al galoppo sonoro, per vivere e respirare l'arte nelle narici sottili dell'immaginazione. L'inconfondibile voce di Piero Celli ci conduce nella pista grande della “Corsa Tris Straordinaria”. Partiti! L'invisibile scalpitio, il ritmo narrativo, l'eccitazione del corpo che s'immedesima nello sforzo, ci colgono alla sprovvista, senza un supporto orientato nella certezza della visione, bensì ancorato nell'ascolto ambientale dell'opera. L'insospettata corsa tra le corse, risuona così nelle nostre orecchie, amplificata dagli altoparlanti della vita, vissuta nella sensibilità astratta del suo farsi trepidante fino al traguardo profondo dell’opera, visione di un ulteriore fotofinish. Perché ogni opera d'arte è un traguardo della sensibilità: qualità temporale di un visibile intervallo tra l'eccesso materiale e la sua definizione. Ma nella vittoria del singolo, così come nella liberazione formale dell'opera, si nasconde il respiro collettivo di più corpi, intrecciato con le infinite possibilità. La straordinaria testimonianza fotografica di Claudio Abate nella “Sala della Vittoria”, disloca e rielabora l’unicità del Premio Yves Klein, sciogliendo negli scatti astratti della pista ellittica lo spirito già dissolto dell’opera e la memoria di un tracciato che ha fatto da scenario alle vittorie dei più leggendari campioni. Scatti per l'appunto, a briglia sciolta, pronti ad apparire nel mondo come impressioni istantanee, per rendere visibile una certa invisibilità che ci circonda, di cui solleviamo un lembo, volta per volta. Il suono scava il solco del Premio Yves Klein; l'immagine ne profila il contorno. Vince la sorpresa, la comunione dei corpi, la condivisione, domata ma non troppo, di una domenica romana che, come la vita, resta a guardare immobile. (Ilari Valbonesi, novembre 2010)

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